Differenze tra le versioni di "Storie di famiglia"
Riga 21: | Riga 21: | ||
Ma cos'era accaduto? 1941 Ambrogio era militare in Sicilia. 1943 Ambrogio era prigioniero degli Americani in Sicilia. Frattanto nel podere mancavano braccia, soprattutto mancava una donna. Allora si convinse Augusto, fidanzato, a sposarsi a 17 anni con Alba. Nacque Lidiano. Quindi in quella convocazione di Fabrò Augusto era minorenne, ma anche sposato con prole e nel podere non si potevano perdere altre due braccia da lavoro. | Ma cos'era accaduto? 1941 Ambrogio era militare in Sicilia. 1943 Ambrogio era prigioniero degli Americani in Sicilia. Frattanto nel podere mancavano braccia, soprattutto mancava una donna. Allora si convinse Augusto, fidanzato, a sposarsi a 17 anni con Alba. Nacque Lidiano. Quindi in quella convocazione di Fabrò Augusto era minorenne, ma anche sposato con prole e nel podere non si potevano perdere altre due braccia da lavoro. | ||
Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto, piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici, Benvenuto spesso si portava al bar la chitarrina (diceva lui), cantava e si accompagnava. | Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto, piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici, Benvenuto spesso si portava al bar la chitarrina (diceva lui), cantava e si accompagnava. | ||
− | Intanto nel 1947 era rientrato dalla prigionia Ambrogio, ci venne a trovare alla Corsica e ci portò una gavetta piena di polvere di thè che non mi piacque per nulla. Nella primavera si sposò con Valentina. il pranzo si fece sotto la grande ficaia davanti la cucina | + | Intanto nel 1947 era rientrato dalla prigionia Ambrogio, ci venne a trovare alla Corsica e ci portò una gavetta piena di polvere di thè che non mi piacque per nulla. Nella primavera si sposò con Valentina. il pranzo si fece sotto la grande ficaia davanti la cucina del podere vecchio. Mia madre tagliò dal giardino alcuni gigli fioriti e mi disse di consegnarli alla sposa. Mi divertii a raccogliere i confetti che tiravano i commensali e finivano sotto il tavolo, che poggiava sul piano di sassi e terra... |
Il figlio Ambrogio raccontava che, viaggiando dall'Isola d'Elba a Piombino, era alticcio e sedeva vicino a una signora che ogni tanto lo ammiccava a un'amica. Ambrogio incassò. Al momento di scendere dal traghetto, però, le esternò il suo pensiero: Signora, lei è brutta e ride perché..., perché sono briaco. Però, vede, a me domani mi passa, ma a lei no! | Il figlio Ambrogio raccontava che, viaggiando dall'Isola d'Elba a Piombino, era alticcio e sedeva vicino a una signora che ogni tanto lo ammiccava a un'amica. Ambrogio incassò. Al momento di scendere dal traghetto, però, le esternò il suo pensiero: Signora, lei è brutta e ride perché..., perché sono briaco. Però, vede, a me domani mi passa, ma a lei no! | ||
Angiolino era il bello di casa, molte ragazze del paese e fuori lo ammiravano. Suonava il clarino nella banda di Selvena e dove lo chiamavano. Per gli amici si faceva in quattro, sapeva voler bene ed era generoso. Amerigo un giorno aspettava seduto sui gradini esterni al vecchio bar K2. In giro non v'era nessuno. Quel giorno gli uomini del paese erano andati tutti a un funerale. Un amico di ritorno, un po' impiccione, gli chiese "perché non sei venuto al funerale di Tizio?" "Perché lui al mio ci viene?" rispose, senza spiegare altro. | Angiolino era il bello di casa, molte ragazze del paese e fuori lo ammiravano. Suonava il clarino nella banda di Selvena e dove lo chiamavano. Per gli amici si faceva in quattro, sapeva voler bene ed era generoso. Amerigo un giorno aspettava seduto sui gradini esterni al vecchio bar K2. In giro non v'era nessuno. Quel giorno gli uomini del paese erano andati tutti a un funerale. Un amico di ritorno, un po' impiccione, gli chiese "perché non sei venuto al funerale di Tizio?" "Perché lui al mio ci viene?" rispose, senza spiegare altro. |
Versione delle 10:58, 13 ago 2021
Indice
I Balocchi di Selva
I Balocchi provengono da Ospitale frazione di Fanano sulle montagne pistoiesi versante di Modena. Intorno al 1715 emigrarono a Selva due fratelli, Domenico e Giovanni, nati lì tra il 1682 ed il '94, che a Selva ebbero due discendenze parallele; quella di Giovanni agli atti della Selva risulta interrotta tra l'800 ed il 900.
Non è dato sapere se continua in qualche discendente emigrato. Il ramo di Domenico è ancora esistente a Selva numeroso, poi è sparso in Maremma ed altrove. Nel libro dei morti di Selva il cognome la prima volta è scritto per il decesso di Maria Angela Ballochi, il 29 luglio 1719, la moglie di Domenico (forse di parto, perché i figli di Domenico sono tutti della seconda moglie).
Al 2018 le seguenti sono storie della famiglia Balocchi Ennio di Lidiano di Augusto di Benvenuto di Ambrogio di Domenico di Antonio di Marco di Domenico -questo nato in Ospitale 1694, morto a Selva il 5 maggio 1739 - di Alberto (da questo nome indietro sono tutti vissuti ad Ospitale -Mo- fino al 1445ca) di Domenico di Alberto di Luca di Ducia di Alberto di Domenico di Pellegrino.
Ma con Leonardo, nato a Roma il 7/7/2007 è già pronta la nuova generazione dopo Ennio.
Benvenuto e i figli
Nato a Selva nel 23 novembre 1886: sempre campagnolo. Eccezione è stato il lavoro in miniera al Baccinello, lì si estraeva carbone. Augusto ricordava che quando il babbo tornò a casa la prima volta a Natale, gli portò un cavallino a dondolo (a Selva nessuno aveva giocattoli comprati e nemmeno lui ne avrà più). Quel lavoro durò poco perché Benvenuto non prese la tessera del partito fascista (1926 ca). Era figlio di Ambrogio, quello che sposò la cognata Virginia Bulgarini, vedova Camai, in chiesa nel 1886, poi, per lo stato civile di Santa Fiora, la riposò sul letto di morte in casa propria l'11.3.1895. Riguardo ad Ambrogio sappiamo pure che non morì per quella malattia, ma morirà nel febbraio del 1900. Benvenuto a 30 anni, 1916, fu soldato nella Prima Guerra Mondiale che combatté a Mentone. In casa c'è ancora la sua borraccia militare rivestita di sughero. Si sposò con Maria Domenica Ciacci ed ebbero Ambrogio e Augusto, 1922 e 1924. Dopo 1926 rientrato a Selva lavorava a dissodare macchie e boschi in Maremma più vicina a Selva per avere un pezzo di terra dove fare la semente: Augusto raccontava che quando morì il fratello Azzelio a 10 mesi (1934 lui non aveva 10 anni) era lontano da casa a dicioccare con suo babbo e il fratello. Nel 1937 Benvenuto e la famiglia andò contadino per la società mineraria Monte Amiata proprietaria della macchia e terreni, detta Contea, e delle miniere che vi erano in mezzo, sotto Selvena ove era il podere di Poggiopinzo. Il fratello Emilio detto Pietretto entrò nel podere più in basso, sul letto del Fiora, le Porcarecce. Amministrava la società e il partito fascista tale Fabrò/Favròn, che viveva a Selvena. Questi era uomo generoso e duro, secondo la parte che doveva tenere. Raccontava Augusto che a Benvenuto che andò in ufficio con la sola giacca d'inverno gli regalò un cappotto: 'metti questo, avrai meno freddo', poi sigari (nonno fumava il sigaro). Ma una volta convocò Augusto nel suo ufficio (inizi 1943): Augusto devi partire militare, andare nella milizia, forza ausiliaria dell'esercito. Augusto rispose di no, ho già un fratello militare e prigioniero, sono minorenne. Fabrò convocò Benvenuto perché convincesse il figlio minorenne a partire. Benvenuto dette ragione al figlio, allora fu rinchiuso una notte in guardiola (camera sicurezza dei carabinieri?) perché ci ripensasse lui (e il figlio). Augusto partì ausiliario. Ma cos'era accaduto? 1941 Ambrogio era militare in Sicilia. 1943 Ambrogio era prigioniero degli Americani in Sicilia. Frattanto nel podere mancavano braccia, soprattutto mancava una donna. Allora si convinse Augusto, fidanzato, a sposarsi a 17 anni con Alba. Nacque Lidiano. Quindi in quella convocazione di Fabrò Augusto era minorenne, ma anche sposato con prole e nel podere non si potevano perdere altre due braccia da lavoro. Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto, piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici, Benvenuto spesso si portava al bar la chitarrina (diceva lui), cantava e si accompagnava. Intanto nel 1947 era rientrato dalla prigionia Ambrogio, ci venne a trovare alla Corsica e ci portò una gavetta piena di polvere di thè che non mi piacque per nulla. Nella primavera si sposò con Valentina. il pranzo si fece sotto la grande ficaia davanti la cucina del podere vecchio. Mia madre tagliò dal giardino alcuni gigli fioriti e mi disse di consegnarli alla sposa. Mi divertii a raccogliere i confetti che tiravano i commensali e finivano sotto il tavolo, che poggiava sul piano di sassi e terra... Il figlio Ambrogio raccontava che, viaggiando dall'Isola d'Elba a Piombino, era alticcio e sedeva vicino a una signora che ogni tanto lo ammiccava a un'amica. Ambrogio incassò. Al momento di scendere dal traghetto, però, le esternò il suo pensiero: Signora, lei è brutta e ride perché..., perché sono briaco. Però, vede, a me domani mi passa, ma a lei no! Angiolino era il bello di casa, molte ragazze del paese e fuori lo ammiravano. Suonava il clarino nella banda di Selvena e dove lo chiamavano. Per gli amici si faceva in quattro, sapeva voler bene ed era generoso. Amerigo un giorno aspettava seduto sui gradini esterni al vecchio bar K2. In giro non v'era nessuno. Quel giorno gli uomini del paese erano andati tutti a un funerale. Un amico di ritorno, un po' impiccione, gli chiese "perché non sei venuto al funerale di Tizio?" "Perché lui al mio ci viene?" rispose, senza spiegare altro.
Passata la guerra, la società Amiata a Poggiopinzo al podere di Benvenuto ne aggiunse una metà nuova, ma nel 1953 egli lasciò e si ritirò a casa sua alle Case Nuove con la moglie e i due figli scapoli, Angiolino e Amerigo. prese a curare il podere di tale Antonio alla Ripa. Morì nell'ospedale di Casteldelpiano dopo che si era operato alla prostata. Dopo sette giorni stava bene, gli dissero di alzarsi, ma seduto sul letto gli partì un embolo e morì, 18 maggio 1962. Ultimi ricordi di lui: quando faceva entrare la somara sellata nella stalla, il basso della casetta ora restaurata da Lauro. Un giorno di pasqua 1954, forse, tornavo dalla messa delle 10 a Casa Vescovi e passai a salutarlo: hai visto? anche Gesù Cristo era socialista! si riferiva al Cristo risorto che i frati esponevano nel periodo pasquale in alto sull'altare maggiore con la bandierina rossa in mano. Lui era stato alla Messa prima di me.
I Ciacci
La famiglia Ciacci è di Siena e si è sparsa in quella provincia. E' una stirpe benestante, per un ramo anche nobiliare, meno che quello stabilitosi alla Selva.
Angelo nacque a Castiglione d'Orcia il 17.3.1852 di Andrea e Raffaelli Violante nati intorno al 1830 a Castiglion d'Orcia: non si conoscono altri dati. Angelo sposò Vagnoli Maria di Bartolomeo e di Marra Caterina di Abbadia S.Salvatore (non vi sono altri dati), dove la famiglia si fermò. Qui ebbero Viola, Antonio, Giuseppe il 29.12.1883, Angiola l'8.10.1886. Poi la famiglia intorno al 1889 si trasferì a Selva, dove nacquero Elisa il 7.6.1891 e Maria Domenica il 10.2.1895.
Viola si sposò il 29.12.1900 con un Rosini, forse di Montalcino, ne ho ritrovato tracce a Paganico in due poderi dell'Aratrice; di Antonio seguono due generazioni a Selva, ma non vi sono notizie precise; Giuseppe visse a Selva scapolo e morì all'Olmi il 23.11.1957; Angiola (sarà detta la Cucca) si sposò a Selva con Marzocchi Costantino da cui ebbe una numerosa discendenza tuttora qui presente; Elisa sposò un Mazzuoli di Manciano il 7.8.1909 e lì si stabilì e formò famiglia, alla Marsiliana vi sono discendenti in Cinelli Amorino e Amato; Maria Domenica/Fosca si sposò con Benvenuto Balocchi di Selva. La famiglia di Angelo Ciacci a Selva si era sistemata nella parte bassa: Il Prato, Cerri, Podere dell'Adduce e naturalmente alcuni figli si sistemarono sposando coetanei vicini e confinanti.
Nonna Fosca vedi storia più sotto
I personaggi e le storie
I Gonnelli
I Gonnelli, idem Gunnellis, del Gunnella, del Gonnella. Nei secoli il cognome si è così evoluto nei registri parrocchiali di SS. Flora e Lucilla a S. Fiora dal 1582 e in quelli di S Stefano Protomartire a Selva dal 1625. E' tra i più antichi cognomi presenti nella Contea di Santa Fiora e parrebbe che proprio qui abbia le sue origini.
Del Gunnella lo leggiamo per es. alla nascita di Bartolomeo il 29.10.1641, ma, scendendo, lo troviamo ancora scritto per la generazione di suo padre Francesco nato intorno al 1615, di suo nonno Giovanni nato intorno al 1590 e di suo bisnonno Lorenzo nato intorno al 1560, da prima dell'inizio dei registri. In questi secoli è stato il cognome più diffuso a Selva e tuttora presente. Inoltre è stato talmente presente fino ad essere il cognome di famiglie che hanno caratterizzato diverse borgate della Selva: vedi Casa Gonnelli, La Ripa per un periodo lungo è stata quasi esclusiva mente abitata da Gonnelli, e il Canalone che, non dall'inizio, ma poi i Gonnelli hanno abitato in condominio con i Morelli. Ecco, a fine Ottocento i Morelli ed i Gonnelli erano i due cognomi che la possedevano insieme.
Marco di Tommaso della Ripa morto a 50 anni nel 1728 risulta il benefattore che ha finanziato la grande tela della SS. Concezione già sopra un altare della chiesa della SS. Trinità nel 1725.
I Morelli
I Morelli del Canalone - anzi all'inizio, quando a Selva non vi erano i cognomi per molte famiglie e quando Selva non era distinta in borgate, si diceva de Morellis, del Morello (uno di pelle scura?) di Monte Calvo - sono anch'essi tra i primi cognomi presenti nei registri della parrocchia di SS. Flora e Lucilla in Santa Fiora fin dal 1582 e di S. Stefano Protomartire a Selva fin dal 1625.
Alba di Morelli Consiglia di Bonaventura del Canalone, questi morto affogato nella Fiora il 27.2.1882, ha tra i suoi antenati Francesco del Morello, d.to il Morello, morto a Selva il 20.3.1671, di Bartolomeo d.to il Morello, morto a Selva il 12.3.1656, del Morello scritto tra le nascite di SS.Flora e Lucilla il 2.10.1583 di Domenico nato intorno al 1555, fuori dai registri parrocchiali. L'albero è questo: Consiglia di Bonaventura di Sebastiano di Arcangelo di Giuseppe di Michelangelo di Francesco di Bartolomeo di Domenico (nato 1555ca). La vedova di Bonaventura, Olivi Settimia con sei figli a carico, risposa presto Morelli Sebastiano, nipote di suo marito e di undici anni più giovane: così si salvano doti e parentele. Hanno una figlia, Concetta. Anche in questo caso siamo di fronte a un cognome inventato a Selva di Santa Fiora da caratteristiche somatiche di un capostipite e che addirittura qui è presente prima che fossero istituzionalizzati i registri parrocchiali. Un altro particolare: Settimia Olivi, nata 21.1.1844, era della Corsica, anzi più esattamente della semi borgata Casa Marchelli. Vale a dire, era figlia di quel Marco Olivi, forse proprio quello un po' 'birichino' soprannominato Marchella, che poi darà il nome a quella semi borgata Casa Marchelli.
Più vicino a noi da un ramo di questo cognome nasce un Francesco Morelli detto lo Stefanetti (1742-1815), forse perché un progenitore era uno Stefano detto Stefanetto. Probabilmente costui si costruì Casa fuori del Canalone e fu detta Casa Stefanetti, oggi un'altra borgata di Selva.
I personaggi
I Menichetti
I Menichetti sono sempre esistiti a Selva. Numerosi tra il Seicento ed il Settecento, quando vi dimoravano. Poi il ramo di Selva forse proveniente da Bagnolo è proseguito a Selvena, in particolare a Poggiomontone. I figli di Selvena hanno continuato a intrecciarsi con matrimoni a quelli di Selva, fino ad oggi.
I Conti di Santa Fiora assegnarono ai Montonai (leggi Menichetti) una striscia di terreni delle Rombe, che oggi si comprende nelle località di Bruciaticci e Capannoni, per piantarvi vigneti e oliveti. Peraltro la borgata di Poggiomontone era composta da famiglie Menichetti: molta parte di quegli appezzamenti sono tuttora proprietà dei Menichetti. Tra il '700 e l'800 un Menichetti rappresentò i Conti Sforza per gli affari nella Comunità di Castellazzara.
I Bargagli
I Bargagli sono venuti a Selva/Poggio Marcone, perché Enrichetta Marziali negli atti detta levatrice vedova di Bargagli Pasquale di Arcidosso con i figli Benedetto, Emilia (la futura Milia Santa), Aurelio, Santi nel 1892ca si trasferì qui, dove sposò Giovanni Biserni, vedovo di Angela Mancini che gli aveva lasciato altrettanti figli Vincenzo, Ginevra, Erminia, Domitilla.
I Bargagli ad Arcidosso erano falegnami, perfezionati nell'istituto tecnico del tempo. Alcuni di loro a Selva divennero molto abili, come Aurelio, per esempio, che hanno lasciato utili mobili di castagno fino alla quarta generazione. L'ultimo è stato Arnaldo figlio di Angelo (+Piombino 2010). Enrichetta poi vedova ancora nel 1901, si risposò con Raffaello Balocchi nel 1902 che l'avrebbe lasciata nel 1910. Essa morì nel 19.12.1922.
Era stata donna, levatrice lungimirante e intraprendente, sempre in cerca di una sistemazione migliore per i suoi figli, per cui non fu ben vista dai discendenti di Ambrogio Balocchi, nipoti di quel Raffaele loro zio tutore, da cui si fece sposare ormai anziana. Questi videro in lei la depauperatrice della loro eredità di famiglia.
Un particolare: Giovanni ed Enrichetta a Poggio Marcone - forse per uno strano accordo a non sperdere il possesso nella divisione del poderetto - organizzarono i doppi matrimoni in casa tra Aurelio e Santi con Ginevra e Erminia. Queste figlie obbedirono, le terre non si divisero, ma sappiamo che non furono contente di aver trovato il fidanzato/marito già pronto in casa, né si fecero ricche con le terre di quei magri poggetti spazzati da tutti i venti.