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Differenze tra le versioni di "Storie di famiglia"

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===Benvenuto e i figli===
 
===Benvenuto e i figli===
 
Nato a Selva nel 23 novembre 1886 e qui morto il 18 maggio 1962: era stato sempre campagnolo. Eccezione è stato il lavoro in miniera al Baccinello, lì si estraeva carbone. Augusto ricordava che quando il babbo tornò a casa la prima volta a Natale, gli portò un cavallino a dondolo (a Selva nessuno aveva giocattoli comprati e nemmeno lui ne avrà più). Quel lavoro durò poco perché Benvenuto non prese la tessera del partito fascista (1926 ca). Era figlio di Ambrogio, quello che sposò la cognata Virginia Bulgarini, vedova Camai, in chiesa nel 1886, poi, per lo stato civile di Santa Fiora, la riposò sul letto di morte in casa propria l'11.3.1895. Riguardo ad Ambrogio sappiamo pure che non morì per quella malattia, ma morirà nel febbraio del 1900.
 
Nato a Selva nel 23 novembre 1886 e qui morto il 18 maggio 1962: era stato sempre campagnolo. Eccezione è stato il lavoro in miniera al Baccinello, lì si estraeva carbone. Augusto ricordava che quando il babbo tornò a casa la prima volta a Natale, gli portò un cavallino a dondolo (a Selva nessuno aveva giocattoli comprati e nemmeno lui ne avrà più). Quel lavoro durò poco perché Benvenuto non prese la tessera del partito fascista (1926 ca). Era figlio di Ambrogio, quello che sposò la cognata Virginia Bulgarini, vedova Camai, in chiesa nel 1886, poi, per lo stato civile di Santa Fiora, la riposò sul letto di morte in casa propria l'11.3.1895. Riguardo ad Ambrogio sappiamo pure che non morì per quella malattia, ma morirà nel febbraio del 1900.
Benvenuto da grande, 1916, fu soldato nella Prima Guerra Mondiale che combatté a Mentone. In casa c'è ancora la sua borraccia militare rivestita di sughero.  
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Benvenuto da grande, 1916, fu soldato nella Prima Guerra Mondiale che combatté a Mentone. In casa c'è ancora la sua borraccia militare rivestita di sughero. Si sposò con Maria Domenica Ciacci ed ebbero Ambrogio e Augusto, 1922 e 1924.
Dopo 1926 rientrato a Selva lavorava a dissodare macchie e boschi per avere un pezzo di terra dove fare la semente: Augusta raccontava che quando morì il fratello Azelio a 10 mesi (a 9 anni) era lontano da Selva a dicioccare con suo babbo e il fratello. Nel 1937 la famiglia andò contadina per la società mineraria Monte Amiata nel podere di Poggiopinzo, nella Contea sotto Selvena. Il fratello Emilio detto Pietretto entrò nel podere più in basso, sul letto del Fiora, le Porcarecce.  
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Dopo 1926 rientrato a Selva lavorava a dissodare macchie e boschi in Maremma più vicina a Selva per avere un pezzo di terra dove fare la semente: Augusto raccontava che quando morì il fratello Azelio a 10 mesi (lui aveva 9 anni) era lontano da casa a dicioccare con suo babbo e il fratello. Nel 1937 la famiglia andò contadina per la società mineraria Monte Amiata proprietaria della macchia e terreni, detta Contea, e delle miniere che vi erano in mezzo, sotto Selvena ove era il podere di Poggiopinzo. Il fratello Emilio detto Pietretto entrò nel podere più in basso, sul letto del Fiora, le Porcarecce.  
Amministrava le società e il partito fascista tale Fabrò/Favrò
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Amministrava la società e il partito fascista tale Fabrò/Favrò, che viveva a Selvena. Questi era uomo generoso e duro, secondo la parte che doveva tenere. Raccontava Augusto che al nono che andò in ufficio con un giacca d'inverno gli regalò un cappotto, poi sigari (nonno fumava il sigaro). Ma una volta convocò Augusto nel suo ufficio: Augusto devi partire militare, andare ausiliario dell'esercito. Augusto rispose di no, ho già un fratello militare e prigioniero, sono minorenne. quando sarà il mio tempo andrò nell'esercito
  
 
Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici.  
 
Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici.  

Versione delle 19:38, 19 gen 2021


I Balocchi di Selva

I Balocchi provengono da Ospitale frazione di Fanano sulle montagne pistoiesi versante di Modena. Intorno al 1715 emigrarono a Selva due fratelli, Domenico e Giovanni, nati lì tra il 1682 ed il '94, che a Selva ebbero due discendenze parallele; quella di Giovanni agli atti della Selva risulta interrotta tra l'800 ed il 900.

2011 Parrocchiale di Ospitale

Non è dato sapere se continua in qualche discendente emigrato. Il ramo di Domenico è ancora esistente a Selva numeroso, poi è sparso in Maremma ed altrove. Nel libro dei morti di Selva il cognome la prima volta è scritto per il decesso di Maria Angela Ballochi, il 29 luglio 1719, la moglie di Domenico (forse di parto, perché i figli di Domenico sono tutti della seconda moglie).

Selva, antica casa dei Balocchi nel 2009

Al 2018 le seguenti sono storie della famiglia Balocchi Ennio di Lidiano di Augusto di Benvenuto di Ambrogio di Domenico di Antonio di Marco di Domenico -questo nato in Ospitale 1694, morto a Selva il 5 maggio 1739 - di Alberto (da questo nome indietro sono tutti vissuti ad Ospitale -Mo- fino al 1445ca) di Domenico di Alberto di Luca di Ducia di Alberto di Domenico di Pellegrino.

Benvenuto con i suoi baffi 1950
Angiolino, Sonia, Amerigo, Franca, Vittoria, Catia (in fasce)
1990 ca Ambrogio, Dino, Lidiano

Ma con Leonardo, nato a Roma il 7/7/2007 è già pronta la nuova generazione dopo Ennio.

Benvenuto e i figli

Nato a Selva nel 23 novembre 1886 e qui morto il 18 maggio 1962: era stato sempre campagnolo. Eccezione è stato il lavoro in miniera al Baccinello, lì si estraeva carbone. Augusto ricordava che quando il babbo tornò a casa la prima volta a Natale, gli portò un cavallino a dondolo (a Selva nessuno aveva giocattoli comprati e nemmeno lui ne avrà più). Quel lavoro durò poco perché Benvenuto non prese la tessera del partito fascista (1926 ca). Era figlio di Ambrogio, quello che sposò la cognata Virginia Bulgarini, vedova Camai, in chiesa nel 1886, poi, per lo stato civile di Santa Fiora, la riposò sul letto di morte in casa propria l'11.3.1895. Riguardo ad Ambrogio sappiamo pure che non morì per quella malattia, ma morirà nel febbraio del 1900. Benvenuto da grande, 1916, fu soldato nella Prima Guerra Mondiale che combatté a Mentone. In casa c'è ancora la sua borraccia militare rivestita di sughero. Si sposò con Maria Domenica Ciacci ed ebbero Ambrogio e Augusto, 1922 e 1924. Dopo 1926 rientrato a Selva lavorava a dissodare macchie e boschi in Maremma più vicina a Selva per avere un pezzo di terra dove fare la semente: Augusto raccontava che quando morì il fratello Azelio a 10 mesi (lui aveva 9 anni) era lontano da casa a dicioccare con suo babbo e il fratello. Nel 1937 la famiglia andò contadina per la società mineraria Monte Amiata proprietaria della macchia e terreni, detta Contea, e delle miniere che vi erano in mezzo, sotto Selvena ove era il podere di Poggiopinzo. Il fratello Emilio detto Pietretto entrò nel podere più in basso, sul letto del Fiora, le Porcarecce. Amministrava la società e il partito fascista tale Fabrò/Favrò, che viveva a Selvena. Questi era uomo generoso e duro, secondo la parte che doveva tenere. Raccontava Augusto che al nono che andò in ufficio con un giacca d'inverno gli regalò un cappotto, poi sigari (nonno fumava il sigaro). Ma una volta convocò Augusto nel suo ufficio: Augusto devi partire militare, andare ausiliario dell'esercito. Augusto rispose di no, ho già un fratello militare e prigioniero, sono minorenne. quando sarà il mio tempo andrò nell'esercito

Benvenuto e i figli sono stati tutti uomini di brio e autoironia: scherzavano volentieri, avevano la battuta pronta. A tutti, meno che ad Augusto piaceva bere all'osteria e nelle cantine degli amici. Il figlio Ambrogio raccontava che, viaggiando dall'Isola d'Elba a Piombino, era alticcio e sedeva vicino a una signora che ogni tanto lo ammiccava a un'amica. Ambrogio incassò. Al momento di scendere dal traghetto, però, le esternò il suo pensiero: Signora, lei ride perché..., perché sono briaco. Però, vede, a me domani mi passa, ma a lei no! Angiolino era il bello di casa, molte ragazze del paese e fuori lo ammiravano. Suonava il clarino nella banda di Selvena e dove lo chiamavano. Per gli amici si faceva in quattro, si diceva, sapeva voler bene ed era generoso. Amerigo un giorno aspettava seduto sui gradini esterni al vecchio bar K2. In giro non v'era nessuno. Quel giorno gli uomini del paese erano andati tutti ad un funerale. Un amico di ritorno, un po' impiccione, gli chiese "perché non sei venuto al funerale di Tizio?" "Perché lui al mio ci viene?" rispose, senza spiegare altro. Augusto era solito dire di persona molto occupata, che ne poteva pensare un'altra, prima di mettersi in un'impresa difficile: "ha tanto da fare a casa sua, senza andare in Maremma", riferita al fatto che in antico i Selvaioli erano soliti andare in Maremma durante il periodo delle faccende dei campi. Spesso chiariva il suo dire scherzando "come la gatta di Rosa", brava perché sbrigava tutte le faccende in silenzio. Spesso ripeteva che erano 'stregonerie di Natalino', un detto già della nonna, quando accadeva o si raccontava di una trovata stravagante. Nei momenti di spasso in casa ci ripeteva la filastrocca: Alzatevi, o prete, dalla santa riposanza, mettetevi le saccolle, le taccole e le culandre vostre. Ha preso foco la coda al raffiante, ha preso su per la drittafatta. Brucia Pestapepe co' tutta la mescolanza. Gli angioli e gli arcangioli l'ho con me. Or voi fate a parer de la volontà vostra... Poi la spiegava e traduceva. Quando doveva spiegare che qualcuno/a se ne fregava di quel che gli dicevi o gli rimproveravi, era "come di' puttana alla volpe..." Augusto quando eravamo alla Corsica contadini di Silvio Olivi veniva spesso invitato a suonare il clarino nelle case dove si ballava. Tutte le famiglie avevano i castagni e nel periodo della castagnitura tutti avevano la mesaiola (la ragazza che aiutava a raccogliere le castagne), allora ci si divertiva ballando nelle case che avevano una stanza più grande (di Severo Montauti a Casa Belardi, di Clorinda moglie di Angelo Savelli alla Corsica, che aveva anche la mescita, dei Dondolini, del Genè, Bassetti Genesio detto il Brutto perché era fratello del Bello, al Canalone). Se la mamma non poteva andare, che aveva i figli piccoli, mandava me... era gelosa assai. Una volta i genitori ci misero a letto tutti presto: me, Ledo e Leda. Loro andarono a ballare a Casa Dondolini. Leda, l'ultima nata, avrà avuto una decina di mesi, dormiva nel mezzo nel lettone. Io e Ledo nel letto a fianco. A notte fonda Leda attaccò un pianto infinito che mi svegliò: avevo sei anni; mi domandavo perché i genitori non la zittivano. Accesi la luce e mi accorsi che loro non c'erano. Allora mi ricordai che quella notte ballavano a Casa Dondolini (l'avevo sentito dire), sicuramente loro erano andati là insieme. Mi alzai, la scoprii: era tutta imbrattata dentro le fasce e fuori, un disastro: pulisci, trova i panni da ricambio, 'zitta, zitta, bella', ninnala. Ma lei niente, finché non si sentì pulita, sicura e l'ebbi rimessa a letto. Aspettai che tornassero. Non mi dissero manco bravo, guardarono solo che l'avessi sistemata bene. Io li brontolai...

I Ciacci

La famiglia Ciacci è di Siena e si è sparsa in quella provincia. E' una stirpe benestante, per un ramo anche nobiliare, meno che quello stabilitosi alla Selva.

Angelo nato a Castiglione d'Orcia il 17.3.1852 di Andrea e Raffaelli Violante nati intorno al 1830 a Castiglion d'Orcia: non si conoscono altri dati. Angelo sposò Vagnoli Maria di Bartolomeo e di Marra Caterina di Abbadia S.Salvatore (non vi sono altri dati), qui ebbero Viola, Antonio, Giuseppe il 29.12.1883, Angiola l'8.10.1886. Poi la famiglia intorno al 1889 si trasferì a Selva, dove nacquero Elisa il 7.6.1891 e Maria Domenica il 10.2.1895.

Viola si sposò il 29.12.1900 con un Rosini, forse di Montalcino; di Antonio seguono due generazioni a Selva, ma non vi sono notizie precise; Giuseppe visse a Selva scapolo e morì all'Olmi il 23.11.1957; Angiola si sposò a Selva con Marzocchi Costantino da cui ebbe una numerosa discendenza tuttora qui presente; Elisa sposò un Mazzuoli di Manciano il 7.8.1909 e lì si stabilì e formò famiglia; Maria Domenica/Fosca si sposò con Benvenuto Balocchi di Selva.

1968 Franca e Lidiano con nonna Fosca Ciacci e Enrichetta Biserni
Lidiano e famiglia Fiora

1995 escursione alla Fiora Augusto prepara il venco


I personaggi

I Gonnelli

I Gonnelli, idem Gunnellis, del Gunnella, del Gonnella. Nei secoli il cognome si è così evoluto nei registri parrocchiali di SS. Flora e Lucilla a S. Fiora dal 1582 e in quelli di S Stefano Protomartire a Selva dal 1625. E' tra i più antichi cognomi presenti nella Contea di Santa Fiora.

Del Gunnella lo leggiamo per es. alla nascita di Bartolomeo il 29.10.1641, ma, scendendo, lo troviamo ancora scritto per la generazione di suo padre Francesco nato intorno al 1615, di suo nonno Giovanni nato intorno al 1590 e di suo bisnonno Lorenzo nato intorno al 1560, da prima dell'inizio dei registri. In questi secoli è stato il cognome più diffuso a Selva e tuttora presente.

Marco di Tommaso della Ripa morto a 50 anni nel 1728 risulta il benefattore che ha finanziato la grande tela della SS. Concezione già sopra un altare della chiesa della SS. Trinità nel 1725.

I Morelli

I Morelli del Canalone - anzi all'inizio, quando a Selva non vi erano i cognomi per molte famiglie e quando Selva non era distinta in borgate, si diceva del Morello di Monte Calvo - sono anch'essi tra i primi cognomi presenti nei registri della parrocchia di SS. Flora e Lucilla in Santa Fiora fin dal 1582 e di S. Stefano Protomartire a Selva fin dal 1625.

Alba di Morelli Consiglia di Bonaventura del Canalone, questi morto affogato nella Fiora il 27.2.1882, ha tra i suoi antenati Francesco del Morello, d.to il Morello, morto a Selva il 20.3.1671, di Bartolomeo d.to il Morello, morto a Selva il 12.3.1656, del Morello scritto tra le nascite di SS.Flora e Lucilla il 2.10.1583 di Domenico nato intorno al 1555, fuori dai registri parrocchiali.

Più vicino a noi da un ramo di questo cognome nasce un Francesco Morelli detto lo Stefanetti, forse perché un progenitore lo chiamavano Stefano/Stefanetto. Probabilmente costui si costruì Casa fuori del Canalone e fu detta Casa Stefanetti, oggi un'altra borgata di Selva.

I personaggi

I Menichetti

I Menichetti sono sempre esistiti a Selva. Numerosi tra il Seicento ed il Settecento, quando vi dimoravano. Poi il ramo di Selva forse proveniente da Bagnolo è proseguito a Selvena, in particolare a Poggiomontone. I figli di Selvena hanno continuato a intrecciarsi con quelli di Selva, fino ad oggi.

I Conti di Santa Fiora assegnarono una striscia di terreni delle Rombe, che oggi si comprende nelle località di Bruciaticci e Capannoni, ai Montonai per piantarvi vigneti e oliveti. Peraltro la borgata di Poggiomontone era composta da famiglie Menichetti: molta parte di quegli appezzamenti sono tuttora proprietà dei Menichetti. Tra il '700 e l'800 un Menichetti rappresentò i Conti Sforza per gli affari nella Comunità di Castellazzara.

I Bargagli

I Bargagli sono venuti a Selva/Poggio Marcone, perché Enrichetta Marziali vedova di Bargagli Pasquale di Arcidosso con i figli Benedetto, Emilia (la futura Milia Santa), Aurelio, Santi nel 1892ca si trasferì qui, dove sposò Giovanni Biserni, vedovo anch'egli di Angela Mancini che gli aveva lasciato altrettanti figli Vincenzo, Ginevra, Erminia, Domitilla.

I Bargagli ad Arcidosso erano falegnami, perfezionati in istituti tecnici dei tempi. Alcuni di loro a Selva divennero molto abili, come Aurelio, per esempio, che hanno lasciato utili mobili di castagno fino alla quarta generazione. L'ultimo è stato Arnaldo figlio di Angelo (+Piombino 2010). Enrichetta poi vedova ancora nel 1901, si risposò con Raffaello Balocchi nel 1902 che l'avrebbe lasciata nel 1910. Essa morì nel 19.12.1922.

1928 Aurelio Bargagli, Ginevra Biserni e i figli fra Tommaso cappuccino e Maria

Era stata donna, levatrice lungimirante e intraprendente, sempre in cerca di una sistemazione migliore per i suoi figli, per cui non fu ben vista dai discendenti di Ambrogio Balocchi, nipoti di quel Raffaele loro zio tutore, da cui si fece sposare ormai anziana. Questi videro in lei la depauperatrice della loro eredità di famiglia.

Un particolare: Giovanni ed Enrichetta a Poggio Marcone - forse per uno strano accordo a non sperdere il possesso nella divisione del poderetto - organizzarono i doppi matrimoni in casa tra Aurelio e Santi poi Ginevra e Erminia. Queste figlie obbedirono, le terre non si divisero, ma sappiamo che non furono contente di aver trovato il fidanzato/marito già pronto in casa, né si fecero ricche con le terre di quei magri poggetti spazzati da tutti i venti.

I personaggi